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Sette milioni di italiani (più del 10 per cento della popolazione) hanno problemi di udito: 1 su 3 ha più di 65 anni. Ma si stima che siano molti di più, perché in troppi non arrivano a una diagnosi. Tuttavia, intervenendo presto, si possono ottenere buoni risultati protesici. Purtroppo, in questo il nostro Paese è fanalino di coda in Europa perché c’è ancora poca fiducia nel trattamento protesico, tra chi è affetto da ipoacusia è ancora difficile accettare la protesi perché mettere la protesi significa ammettere di soffrire di sordità. In molti non sono ancora disposti a fare i conti con questa disabilità”.

A lanciare l’allarme è Stefano Berrettini, presidente della Società italiana di audiologia e foniatria e direttore dell’Uo Otorinolaringoiatria audiologia e foniatria dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa.

I problemi dell’udito sono “più frequenti nell’infanzia – sottolinea Berrettini – e alla nascita. Basti pensare alle sordità congenite: 1 bambino su mille nasce sordo e 0,6-0,8 nasce con una sordità profonda. Fortunatamente oggi per questi bambini c’è la soluzione, ed è l’impianto cocleare con il quale raggiungono l’autonomia comunicativa e di linguaggio quasi uguale o uguale ai coetanei che non hanno problemi di udito”.

“In campo infantile – ancora Berrettini - per quanto riguarda la diagnosi, abbiamo lo screening uditivo neonatale che in Italia è obbligatorio e riconosciuto dai Lea. Possiamo migliorarlo, perfezionarlo per arrivare precocemente alla diagnosi e al trattamento. Una questione molto importante dal punto di vista sociale”.

Fondamentale la diagnosi tempestiva “attraverso lo screening e il trattamento precoce protesico – avverte l’esperto -. Noi facciamo l’identificazione alla nascita, la diagnosi entro 2-3 mesi di vita, il trattamento con protesi entro i 4 mesi ed eventualmente l’impianto cocleare dai 10 mesi di vita in poi. Questo modo di procedere riduce la privazione uditiva del bambino e migliora nettamente i risultati”.

Lo screening uditivo neonatale viene eseguito nelle neonatologie e nei punti nascita, “non solo su bambini a rischio – conclude Berrettini – ma su tutti i bambini, è infatti un esame universale. Con il passare degli anni, però, ai primi campanelli di allarme (il bambino sente meno le parole, ha difficoltà nel comprendere la comunicazione tra più persone in un ambiente rumoroso e per questo tende ad isolarsi) occorre subito intervenire. Stessa cosa vale per l’anziano: intervenendo presto si possono ottenere buoni risultati protesici”.

30/05/2022

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