Il carcinoma della mammella avanzato può diventare una malattia cronica grazie a cure mirate. Sono questi, in sintesi, i risultati dell’analisi finale di sopravvivenza globale (Os) dello studio di Fase III 'Monaleesa-2', presentato al congresso europeo di oncologia (Esmo) in corso in modalità virtuale. È stato raggiunto il record di sopravvivenza con una terapia testata in donne in postmenopausa con tumore della mammella avanzato o metastatico positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-) senza precedenti trattamenti sistemici nel setting avanzato.
Il miglioramento della sopravvivenza globale è risultato statisticamente significativo e clinicamente rilevante con la nuova associazione di farmaci messa a punto da Novartis. L’analisi ha rilevato che ad un follow-up mediano di più di 6 anni, il più lungo tra gli studi ad oggi sugli inibitori CDK4/6, la differenza stimata nel miglioramento della sopravvivenza globale mediana era di oltre 1 anno. Lo studio ha dimostrato che dopo 5 anni, le pazienti trattati con l’associazione di un inibitore CD4/6 e un inibitore dell’aromatasi hanno avuto più del 50% di possibilità di sopravvivenza rispetto alle pazienti che assumevano il solo inibitore dell’aromatasi.
"Nel 2020, in Italia, sono stati stimati circa 55mila nuovi casi di questa neoplasia", riferisce Saverio Cinieri, direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’ospedale Perrino di Brindisi e presidente eletto dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). "Più di 37mila donne vivono con la diagnosi di malattia metastatica. I dati del Monaleesa-2 riguardano la popolazione con carcinoma mammario più frequente nella pratica clinica quotidiana. Le donne in post menopausa rappresentano infatti circa il 70% di quelle con tumore al seno endocrino-sensibile e la metà di queste corrisponde al profilo delle pazienti incluse nello studio. Questi importanti dati di sopravvivenza globale sono incoraggianti e ci consentono di affermare che è stato raggiunto l’obiettivo di cronicizzare la malattia avanzata”.
“Attendevamo con ansia questi dati, che sono molto solidi e confermano l’efficacia di questa terapia a bersaglio molecolare", afferma Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia senologica e toraco-polmonare dell'Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli. "Vi erano già due studi condotti su popolazioni diverse: Monaleesa-7 e Monaleesa-3. Il ‘pezzo’ mancante era proprio il Monaleesa-2. Lo studio è maturo, con un follow up mediano di circa 80 mesi: questo significa che metà delle pazienti è stata seguita per almeno 7 anni. Siamo di fronte a una sperimentazione il cui risultato è stabile, definitivo con una riduzione del 24% del rischio relativo di morte, coerente con quanto già visto negli altri due studi Monaleesa".
"Altro dato che conferma la validità del farmaco - prosegue l'oncologo - è la sopravvivenza globale mediana, pari a 63,9 mesi. È la più lunga mai registrata in tutti i tipi di tumore della mammella. Significa che metà delle pazienti vive più di 5 anni. I dati delle tre sperimentazioni sulla terapia a bersaglio molecolare si rafforzano a vicenda e lo pongono come l’unico inibitore CDK4/6 ad aver dimostrato un vantaggio in sopravvivenza globale in tutte le popolazioni studiate, quindi in donne in pre/peri e postmenopausa e con diverse combinazioni ormonali”.
Nello studio Monaleesa-2 - riferisce la nota - si è registrato un ritardo di 12 mesi nel tempo libero da chemioterapia.
“Il trattamento standard dei tumori mammari positivi per i recettori ormonali è la combinazione di un inibitore di cicline con il trattamento ormonale", sottolinea Pierfranco Conte, direttore Divisione di Oncologia Medica 2, Istituto Oncologico Veneto di Padova. “Un altro ‘numero’ che misura la portata dello studio Monaleesa-2 è che, a 6 anni di follow up, quasi la metà delle donne, il 44%, è ancora vivo. Sono dati mai visti con nessun trattamento in questa popolazione di pazienti" e "l’Italia ha contribuito in maniera importante a tutto il programma degli studi Monaleesa", sottolinea.
"Questa associazione inoltre - prosegue Conte - permette di evitare il ricorso alla chemioterapia in prima linea o di posticiparla, con grandi vantaggi in termini di qualità di vita e di minori tossicità. Grazie a questa terapia riusciamo a offrire alle pazienti non solo una sopravvivenza a lungo termine ma anche a migliorare la loro qualità di vita, con un ottimo controllo della malattia. La maggioranza delle donne infatti può continuare a condurre una vita normale”.
In questa analisi con un follow up più lungo non sono stati osservati nuovi eventi avversi; il profilo di sicurezza era coerente con i risultati precedentemente riportati nello studio di Fase III, informa la nota di Novartis che - annuncia il gruppo - sottometterà i dati alle autorità regolatorie mondiali per aggiornare i dati.
21/09/2021
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