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Un programma su misura di attività fisica di intensità moderata, insieme a consigli dietetici personalizzati: sono i due elementi che, combattendo la fragilità connaturata all'invecchiamento, riducono il rischio di disabilità. Lo certifica uno studio europeo guidato da ricercatori italiani della Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs -Università Cattolica, Campus di Roma, e pubblicato sul British Medical Journal.

Lo studio è stato condotto dai ricercatori del Dipartimento di Scienze geriatriche e ortopediche dell’Università Cattolica, Campus di Roma e del Gemelli, guidati da Roberto Bernabei, Francesco Landi ed Emanuele Marzetti, nell’ambito dello studio Sprintt (Sarcopenia and Physical fRailty In older people: multi-componenT Treatment strategies), un progetto europeo finanziato nel 2014 dalla Innovative Medicines Initiative (Imi-Joint Undertaking), una partnership pubblico-privata tra Commissione europea e Federazione europea delle industrie farmaceutiche. Il progetto, definendo una nuova condizione clinica, la "fragilità fisica e sarcopenia", ha aperto la strada a trattamenti innovativi per la prevenzione del declino fisico insito nel processo di invecchiamento.

Nell'arco di un periodo di osservazione di 3 anni, la combinazione di esercizi aerobici (come camminare), di forza, flessibilità ed equilibrio, insieme a una consulenza nutrizionale personalizzata, ha ridotto del 22% il rischio di sviluppare disabilità motoria in anziani residenti in comunità con le tipiche caratteristiche dell’invecchiamento: fragilità fisica e diminuita muscolatura (sarcopenia), spiegano Bernabei, Landi e Marzetti.

Studi recenti hanno evidenziato che la performance fisica delle persone anziane è associata alla capacità di avere relazioni sociali e al numero di interazioni interpersonali sostenute. Inoltre, l’utilizzo delle risorse sanitarie e assistenziali aumenta col peggioramento del declino funzionale: i costi economici della disabilità motoria in Italia e in Europa sono aumentati negli anni fino a raggiungere diversi punti del Pil. In Italia sono circa 3,8 milioni gli anziani con gravi difficoltà nelle attività di base della vita quotidiana, pari a oltre il 28% della popolazione 'over 65'. Di questi, 2,8 milioni hanno gravi difficoltà nel camminare o nel salire o scendere le scale senza l’aiuto di una persona o il ricorso ad ausili.

Le persone con gravi difficoltà nelle funzioni motorie e nelle attività di base sono più concentrate tra le donne che risiedono nelle regioni del Mezzogiorno rispetto agli uomini e alle donne che vivono al Centro o al Nord. Si stima che in Italia circa 1,4 milioni di anziani (10,1%) viva con una forte riduzione dell'autonomia nelle attività essenziali della vita quotidiana, a fronte di una media Ue pari all’8,5%.

In questo quadro, con l'obiettivo di sviluppare strategie sicure ed efficaci per combattere la fragilità e i suoi rischi e, al contempo, preservare la mobilità degli anziani, i ricercatori del Dipartimento di Scienze dell'invecchiamento, Neurologiche, Ortopediche e della Testa-Collo dell’Università Cattolica e del Gemelli hanno progettato lo studio che ha testato l'efficacia di uno specifico protocollo di attività fisica, di facile esecuzione per la persona anziana con limitazioni funzionali e sarcopenia, coadiuvato da un supporto tecnologico e da una consulenza nutrizionale personalizzata. Lo studio ha coinvolto 1.519 uomini e donne (età media 79 anni) con "fragilità fisica e sarcopenia" reclutati tra il 2016 e il 2019 in 16 centri clinici di 11 Paesi europei. In tutto, 760 partecipanti hanno effettuato l’intervento combinato di attività fisica con supporto tecnologico e nutrizione e 759 hanno partecipato a un percorso di seminari sull’invecchiamento in salute (controlli). Tutti i 1.519 partecipanti sono stati monitorati fino a 36 mesi.

Il gruppo di intervento ha ricevuto 2 volte alla settimana sessioni di attività fisica di moderata intensità presso il centro di studio e fino a 4 volte alla settimana a casa. Le attività proposte comprendevano camminata a passo sostenuto, esercizi di rinforzo muscolare prevalentemente degli arti inferiori, esercizi di equilibrio e di flessibilità. Tutte le attività erano personalizzate in base alle capacità e alle limitazioni di ciascuno ed erano eseguite senza il ricorso ad attrezzature specifiche. Sono state anche date consulenze nutrizionali personalizzate, corredate da piani dietetici individuali, per ottimizzare il consumo di calorie e proteine con la dieta.

Tra i partecipanti che all'inizio dello studio presentavano una maggiore compromissione della funzione fisica, la disabilità motoria si è verificata nel 47% di quelli assegnati all'intervento attivo e nel 53% dei controlli. La funzione fisica è migliorata maggiormente nel gruppo di intervento che nei controlli, sia a 24 mesi che a 36 mesi. In particolare, le donne nel gruppo di intervento hanno perso meno forza muscolare e meno massa muscolare in braccia e gambe rispetto a quelle del gruppo di controllo.

Dati alla mano, i ricercatori dello studio Sprintt concludono che l'intervento testato "può essere proposto come una strategia per preservare la mobilità nelle persone anziane a rischio di disabilità".

"Questa nuova evidenza conferma i benefici dell'attività fisica strutturata negli anziani che vivono in comunità", commenta Thomas Gill, professore alla Yale School of Medicine nell'editoriale di presentazione dell'articolo pubblicato a sua volta sul British Medical Journal. Secondo l'esperto, può essere impegnativo tradurre nella pratica clinica i risultati degli studi, anche quando progettati in maniera rigorosa, ma le evidenze ottenute da Sprintt, insieme a quelle di un altro grande studio statunitense, il Life Study, "forniscono prove convincenti che la capacità di muoversi in maniera indipendente può essere preservata negli anziani fragili residenti in comunità attraverso l'attività fisica, con il camminare come modalità principale".

12/05/2022

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