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Le strutture di oncologia medica italiane, seppur inserite all’interno di un dipartimento oncologico (67%), soffrono negli aspetti organizzativi interni e nella gestione del percorso del paziente dall’ospedale al territorio. Meno della metà (circa 40%) ha una connessione strutturata con i dipartimenti di prevenzione primaria e secondaria e con centri screening; una cartella informatizzata manca nel 66% delle strutture, ed è condivisa con il territorio solo nell’8% dei casi. Si tratta di alcuni dati preliminari di un'indagine che il Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo) sta svolgendo su un campione di circa 100 tra i suoi iscritti.

I risultati - presentati nel primo incontro ufficiale tra Cipomo e Aiom, in occasione del congresso nazionale Aiom - evidenziano le problematiche connesse all’evoluzione del profilo del primario oncologo, sulle ricadute organizzative della multidisciplinarietà e iperspecializzazione, e sulla costruzione del percorso oncologico del paziente dall’ospedale al territorio. Soprattutto alla luce della velocità con cui si muove la ricerca. Basti pensare che sui 92 nuovi farmaci in attesa della valutazione Ema per l’approvazione nel 2023 - si legge in una nota - oltre il 25% sono oncologici e la percentuale di studi clinici in corso nel mondo per l’oncologia è attorno al 30% del totale, incluse tutte le altre discipline. Tutto questo ha portato il Cipomo a mettere in campo una serie di proposte per una nuova organizzazione delle strutture che, a vario titolo, possano migliorarne le performance, garantire le attività di prevenzione primaria e secondaria e gli screening, e portare a una evoluzione del ruolo del primario oncologo.

“I nostri dati indicano la necessità di una nuova governance in grado assicurare la presa in carico globale dei pazienti alla luce della velocità delle novità che arrivano dalla ricerca - afferma Luisa Fioretto, presidente Cipomo e direttore del Dipartimento oncologico e Soc Oncologia medica Azienda Usl Toscana Centro - A guidare il cambiamento è l'evoluzione della figura del primario oncologo medico ospedaliero, il cui lavoro è oggi certamente più complesso a livello gestionale. Anche se apparentemente questo è un tema solo ‘tecnico’, in realtà si sviluppa soprattutto all’esterno, sui servizi al paziente, sulla qualità delle cure e dei servizi a lui dedicati. Argomenti che coinvolgono naturalmente tutta l’oncologia italiana”.

Per guidare il dirigente medico in questa metamorfosi necessaria, Cipomo ha definito ed espresso, in un "Manifesto per il profilo del primario oncologo medico ospedaliero oggi", la direzione verso cui questa figura professionale dovrà puntare, in base ai crescenti bisogni e dei pazienti, che presentano sempre più spesso comorbidità e che necessitano di ricevere cure e assistenza multidimensionali.

"Multidisciplinarietà e iper-specializzazione - chiarisce Gianpiero Fasola, direttore del dipartimento di Area oncologica e direttore Soc. di Oncologia all’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale - derivano dal fatto che la risposta al paziente sta cambiando e deve tenere il ritmo dell’innovazione nei trattamenti. Con ricadute sul Ssn di cui ancora non vi è piena consapevolezza da parte delle Istituzioni. Il nostro compito è quindi di promuovere una interlocuzione più strutturata con esse e la ‘ricerca organizzativa’, cioè, generare evidenze in letteratura su possibili soluzioni organizzative ai problemi della disciplina, assicurare agli oncologi la possibilità di acquisire e mantenere le competenze scientifiche, clinico professionali e di governo clinico oggi indispensabili, e, infine, produrre documenti di indirizzo, di competenze e formazione specialistica”.

Altri punti del Manifesto e dell’incontro Aiom-Cipomo riguardano la necessità di operare in rete dentro e fuori l'ospedale, razionalizzando gli accessi ospedalieri e rafforzando l'assistenza territoriale. "Ospedale-territorio sono due parole chiave che racchiudono un solo concetto: supporto al paziente durante la cura che, grazie all’avanzamento della ricerca, sempre più può essere seguita a casa – evidenzia Paolo Tralongo, direttore del Dipartimento di Oncologia azienda sanitaria provinciale di Siracusa – Un successo che però fa emergere necessità di tipo clinico e psicosociale che, a loro volta, si traducono in interventi di tipo organizzativo". "La figura evoluta del primario medico ospedaliero prevede da un lato la costituzione di ambulatori e gruppi multidisciplinari di patologia e l’implementazione della ricerca clinica, dall’altro l'accesso precoce ai farmaci innovativi, ponendo attenzione all'appropriatezza e alla sostenibilità dei percorsi – conclude Fioretto – È una sfida importante e complessa, ma siamo convinti che i nostri medici primari non si tireranno indietro”.

13/11/2023

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