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La sostenibilità del Sistema sanitario nazionale (Ssn) è qualcosa di un po’ diverso dal concetto espresso nel dibattito pubblico. “È un concetto più ampio, che andrebbe associato a quello di sviluppo sostenibile - dice Laura Franceschetti docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della Sapienza di Roma e direttrice del Master di II livello in Management e Innovazione nelle Aziende Sanitarie - Nel discorso pubblico, associamo la sostenibilità del Ssn con la dimensione economica e finanziaria, ma in realtà riguarda anche la dimensione ambientale, sociale, anche aspetti di tipo culturale tecnologico e politico. Andrebbe associato - aggiunge - all’idea di sostenere e soddisfare i bisogni delle generazioni attuali in modo da consentire alle generazioni future di far fronte agli stessi bisogni”.

Chiaramente, per garantire la sostenibilità in una dimensione più allargata, “ambientale, economica e sociale - osserva Franceschetti - è necessario riprendere il paradigma delle politiche per la salute che abbiamo già conosciuto in Italia a partire dagli anni Novanta e che riguarda la necessità di agire non solo sulla dimensione sanitaria, quindi sulla patologia, ma anche in una logica di prevenzione, stili di vita sostenibili, gestione efficace dei trasporti e tutela delle condizioni di salute negli ambienti di lavoro - prosegue - Serve quindi una visione più ampia di sostenibilità, rappresentata dal concetto di One Health, introdotto nell'ultimo decennio a livello sovranazionale e rafforzato nel 2022 mediante la definizione condivisa di uno specifico programma sia dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che dall’Organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) che dall’Ue. È un concetto - ribadisce - che racchiude questa dimensione di sostenibilità riferendola non solo alla salute per l’essere umano, ma anche per gli animali, domestici e selvatici e dell’ambiente in generale. Si tratta di una visione che impegna politici e istituzioni a misure integrate e complesse, che prevedano la possibilità di avere in campo, e in rete, diversi attori, non soltanto quello responsabile della salute”.

Importanza approccio One Health

L’approccio One Health prevede una prospettiva integrata, complessa e sistemica alla sostenibilità che non è facile da perseguire “nei contesti nazionali e neppure a livello sovranazionale perché - sottolinea Franceschetti - le politiche per la salute spesso sono gestite in una logica molto settoriale, direi a silos. Sono politiche, ad esempio, che ancora non sanno avvalersi adeguatamente di una gestione integrata dei dati che possa sostenere decisioni sistemiche. Al contrario, i sistemi di valutazione per le politiche sanitarie - fa notare - si limitano a valori sanitari in senso stretto, ma non riescono a incrociare valutazioni di tipo sociale, economico, ecologico o politico. Non sono disponibili base di dati, e di analisi dei contesti, utili a costruire una politica One Health, quindi di salute sostenibile, programmata sulla base di una lettura che è intersettoriale, multidisciplinare o trans-disciplinare. L’elemento importante - ricorda la professoressa - è quindi avere strumenti di lettura dei contesti che siano quanto più diversificati possibile. Questi purtroppo sono sistemi non ancora in dotazione, né a livello nazionale che sovranazionale e, in Italia, la situazione è resa ancora più articolata con la regionalizzazione del sistema sanitario”.

I passi da fare

Per superare queste criticità sono state elaborate delle indicazioni da The Lancet Commission, ma anche a livello nazionale ci sono vari gruppi si ricerca che riflettono su questi temi. “Sicuramente un aspetto importante è il rivedere l’uso dei dati, nella loro gestione, integrazione e archiviazione - ragiona Franceschetti - Deve poi essere rivisto l’approccio di policy rispetto alla gestione della sanità. Bisogna superare la frammentarietà dei dati, ma anche rivedere la cultura per la salute in una logica maggiormente inclusiva. Dagli anni 90 in poi è prevalso un approccio neoliberista alla salute e una tendenza a integrare l’erogazione dei servizi sanitari pubblici con l'apporto degli attori privati. Da più parti però si evidenzia come questa "integrazione" si sia trasformata in una progressiva riduzione delle risorse di finanziamento dal pubblico a favore del settore privato, accentuando in questo modo le disuguaglianze sociali nell'accesso al sistema delle cure. Questo - precisa l’esperta - non vuol dire estromettere il settore privato, con tutto l'apporto di competenze, tecnologie e strutture del quale è portatore. Si tratta piuttosto di rivedere la centralità del pubblico nell’erogazione delle prestazioni sanitarie, per garantire i principi di equità e di universalismo almeno nell'assistenza sanitaria di base”.

Un altro elemento da cui partire, “oltre alla centralità dell'attore pubblico - ribadisce la professoressa - è l’organizzazione dei livelli di governo coinvolti nell’erogazione dei servizi sanitari. Se pensiamo all’articolazione del Ssn in Italia - riflette Franceschetti - la differenziazione a livello regionale crea delle disparità che il Pnrr, in qualche modo, ha provato a recuperare. L’importante, a questo punto, è utilizzare il Pnrr non solo come un provvidenziale bacino di risorse economiche per la ripresa post-pandemica - prosegue - ma occorre recuperare l’impianto originario del Pnrr, che è orientato a creare un approccio di gestione della salute che sia sistemico, collaborativo, partecipativo. Questo si può fare se si progettano politiche per la salute sostenibili integrate tra livello nazionale e regionale, tra i diversi contesti regionali, ma anche a livello territoriale nei distretti. Questi ultimi diventano infatti le nuove "Agenzie per la salute", perché la medicina territoriale è il nuovo fulcro dei servizi sanitari, in dialogo anche con le strutture Comunali”.

Ma c’è anche un altro passo da fare. “Una diversa qualificazione delle professioni sanitarie, servono nuove competenze - chiarisce la professoressa - non solo cliniche. La salute One Health punta a far dialogare non solo diverse specialità mediche, ma anche istituzioni sanitarie e territoriali, comuni e servizi sociali. Questi sono interlocutori per i professionisti della salute che richiedono competenze manageriali, relazionali, anche di gestione e lettura dei dati per analizzare i bisogni di salute. A livello sovranazionale - conclude Franceschetti - gli attori istituzionali mostrano una forte attenzione: c’è una definizione condivisa di One Health dal 2022 e sono stati sottoscritti diversi documenti in questa direzione. A livello nazionale e locale invece, dove le linee di indirizzo dovrebbero conoscere la messa a terra, ci troviamo a fare i conti con la variabile politica dei vari governi e con la rete degli interessi pubblico-privati”.

10/07/2023

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