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Una grande maggioranza di italiani (73%) è favorevole al digitale in sanità, soprattutto per quanto riguarda ricette elettroniche e ritiro online dei referti. L’entusiasmo si raffredda però quando si parla di Intelligenza artificiale (Ai) in corsia, che è la benvenuta, ma solo come alleata e supporto al medico (92%). È la fotografia scattata dall’Istituto Piepoli per la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri sulla base di interviste telefoniche e via web su un campione di mille persone rappresentativo degli italiani di età tra i 15 e i 75 anni e un campione di 300 medici e odontoiatri. Il rapporto diretto e fiduciario con il proprio medico, infatti, è talmente importante che il 75% degli italiani intervistati si dice non disponibile a rinunciare al diritto di scegliere il proprio medico di famiglia.

L’utilizzo dei dati sanitari dei pazienti e la loro condivisione è una delle grandi sfide del futuro che il sistema salute si trova oggi ad affrontare, in linea con la Missione n.6 del Pnrr che contempla il consolidamento delle reti di prossimità e una digitalizzazione crescente del Ssn, in particolare attraverso strumenti come il fascicolo sanitario elettronico (Fse) o i registri di patologia. Una delle sfide principali per massimizzare il valore delle evidenze generate dai pazienti è rappresentata dall’alfabetizzazione digitale della popolazione e degli operatori. Le sfide, però, riguardano anche il rispetto del diritto alla privacy e l’interconnessione e l’interoperabilità tra sistemi informativi usati nei diversi ospedali o nelle diverse Regioni, necessaria per ottenere una visione integrata ed esaustiva del percorso di cura, ma spesso non realizzata appieno, rendendo la condivisione dei dati sanitari farraginosa ed inefficace.

Tra gli esperti “emerge la necessità che i dati sanitari siano condivisi a livello nazionale - chiarisce Claudio Caccia, presidente Onorario di Aisis, Associazione italiana sistemi informativi in sanità - L’obiettivo è quello di avere dei dati che servano sia per l’attività di cure primarie e sia per le attività secondarie di ricerca e governance”.

Secondo Fidelia Cascini, Assistant professor Hygiene & Public health all'università Cattolica, esperta di sanità digitale, referente incaricato dalla Direzione sistemi informativi (Dgsiss) del ministero della Salute ed esperta Agenas, “l’Italia sta spendendo tanto in tecnologie e infrastrutture per mettere i dati a sistema ma ancora oggi vengono usati in modo poco razionale. L’Europa sta costruendo un modello unico armonizzato. Noi non dobbiamo perdere questa opportunità”.

Come ricorda Francesco Saverio Mennini, consulente del ministro della Salute, membro del gruppo di lavoro sulla formazione dei pazienti con l’Agenzia del farmaco (Aifa) e la European Patients’ Academy (Eupati), “in assenza di un database linkage efficiente diviene complicato valutare quale possa essere l’impatto economico e finanziario di alcuni interventi sanitari. In Italia abbiamo interpretato la normativa sulla privacy in maniera molto restringente rispetto agli altri Paesi Ue”.

Per i pazienti, Fabio Amanti, Manager of Institutional and external relationships & Head of patients advocacy parent project Aps, evidenzia che “avremmo preferito cominciare a discutere di un Fse unico nazionale, e non di 20 fascicoli differenti, perché temiamo si ripeta la stessa storia che purtroppo si è verificata con il registro delle malattie rare”. Sul tema dell’informazione, Ivan Gardini, presidente EpaC Ets. “Bisognerebbe pensare a moduli di consenso, dove ci siano meno parole incomprensibili e soprattutto meno acronimi. C’è bisogno di consapevolezza”. Infine, Salvo Leone, direttore generale AMici Ets, invita a “costruire la strada insieme alle Istituzioni”.

02/11/2023

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