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Sono una settantina le vite salvate dal rischio di morte cardiovascolare improvvisa in oltre 22 mila giovani atleti monitorati con il modello di screening italiano in uno studio condotto dalla Medicina dello sport dell'Ulss 2 del Veneto. Il Centro, di riferimento regionale per lo sport nei giovani con cardiopatie, collabora con l'Università di Padova per indagare sul ruolo dello screening medico-sportivo nella prevenzione dei decessi sui campi da gioco. La ricerca, pubblicata sull''European Heart Journal', ha avuto "un'eco immediata nella comunità cardiologica internazionale", sottolineano da UniPd e Ulss 2.

"Alla base dello studio - spiega Patrizio Sarto, direttore Medicina dello sport Ulss 2 e tra gli autori dello studio stesso - ci sono i dati scientifici raccolti dalla nostra équipe su 22.324 atleti trevigiani tra i 7 e 18 anni, sottoposti nel corso degli anni a 65.397 valutazioni mediche. La nostra modalità di screening - precisa l'esperto - differisce da quella proposta in altri Paesi come il Regno Unito, dove i giovani calciatori vengono sottoposti a un'unica valutazione cardiovascolare a 16 anni. I nostri atleti vengono" invece "presi in carico in giovanissima età e ripetono la valutazione ogni anno. Ciò può consentire l'identificazione molto precoce delle malattie cardiovascolari a rischio di morte improvvisa durante l'attività sportiva e, quando la prima valutazione non è in grado di evidenziare la patologia, risultano fondamentali i controlli successivi. In particolare, lo screening ha individuato patologie del muscolo e del sistema elettrico del cuore, forme aritmiche ventricolari gravi e cardiopatie congenite nei soggetti a rischio di morte improvvisa".

"Un dato molto importante emerso dallo studio - segnalano gli autori - è che ben il 74% delle patologie cardiovascolari che presentano tale rischio sono state diagnosticate in bambini e ragazzi con meno di 16 anni: grazie al modello di screening italiano, sono state potenzialmente salvate le vite di 69 giovani atleti. Su 22.324 sportivi valutati, uno soltanto è stato colpito da arresto cardiaco durante l'attività sportiva ed è sopravvissuto grazie alla rianimazione cardiopolmonare con l'uso del defibrillatore". Si tratta di "un caso molto complesso - puntualizza Sarto - perché, nonostante i tanti esami eseguiti, non è stato ancora possibile individuare la causa dell'arresto cardiaco".

"Altro valore aggiunto dell'attività svolta presso il Centro della Marca, riportato anche nello studio - sottolinea Sarto - è che dopo la diagnosi i giovani sportivi cardiopatici già da diversi anni non vengono abbandonati ma, grazie al programma 'Il secondo tempo di Julian Ross', gli atleti continuano a essere seguiti dell'équipe di specialisti, che offre loro l'opportunità di avere tutte le informazioni necessarie per continuare in sicurezza l'attività fisico-sportiva più indicata alla loro nuova condizione clinica".

"Un dato che emerge dallo studio - evidenzia Alessandro Zorzi, Dipartimento di Scienze toraco-vascolari e Sanità pubblica Università di Padova - è il ruolo fondamentale della prova da sforzo nella valutazione medico-sportiva. In Italia la prova da sforzo viene eseguita sempre durante la visita medico-sportiva, mentre all'estero, di solito, ci si ferma all'elettrocardiogramma a riposo. Nel nostro studio si dimostra che la prova da sforzo, particolarmente per la valutazione delle aritmie, ha consentito di sospettare una patologia cardiaca in diversi giovani sportivi con Ecg di base normale e che sarebbero altrimenti sfuggiti. Questo dato sottolinea ulteriormente come il modello italiano di screening non sia secondo a nessuno".

"Nel 2006 - ricorda Domenico Corrado, direttore Uosd Centro genetico per le cardiomiopatie aritmiche e Cardiologia dello sport - è stato pubblicato dall'Università di Padova uno studio di cui sono il primo autore sulla prestigiosa rivista 'Jama', che ha dimostrato come nella regione Veneto l'incidenza di morte improvvisa dell'atleta sia calata quasi del 90% in seguito all'introduzione dello screening medico-sportivo. Quello studio ha avuto un impatto molto rilevante a livello internazionale, contribuendo a esportare il modello italiano di prevenzione della morte improvvisa nell'atleta all'estero. Rimanevano però alcuni punti da chiarire, che puntualmente venivano sollevati nei dibattiti tra esperti, come l'utilità di ripetere periodicamente lo screening. Questo studio aiuta a chiarire questi aspetti. Siamo certi che i risultati di questo lavoro contribuiranno a cambiare il ruolo dello screening medico sportivo a livello internazionale".

28/02/2023

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