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Complesse procedure chirurgiche e percorsi post operatori sono liquidati in pochi minuti nel racconto televisivo. "La chirurgia dell'obesità raccontata in tv dai format americani è troppo spesso banalizzata. C'è una chiave di lettura superficiale. Come se trattare pazienti così complessi, che hanno normalmente più malattie croniche, si riducesse a ben poco. Non si tiene conto del fatto che l'obesità è una malattia. Questo, purtroppo, significa spesso far crescere richieste improprie per la chirurgia bariatrica da parte di chi non ne ha bisogno, magari per arrivare alla prova costume in forma". Così all'Adnkronos Salute Mario Musella, docente di Chirurgia generale all’Università degli Studi di Napoli 'Federico II', presidente del XXXI Congresso nazionale della Società italiana di Chirurgia dell’obesità e malattie metaboliche (Sicob), al via nel capoluogo a fine agosto.

La riflessione sul ruolo della televisione nell'informazione rispetto alle cure per l'obesità, si riferisce in particolare alla fortunata docu-serie che da 10 anni racconta le 'Vite a limite' dei gradi obesi. Un programma che "descrive però una realtà statunitense - sottolinea Musella - diversa dalla nostra. Ciò che mi colpisce sempre è la 'normalità' con cui si vedono entrare i pazienti in sala operatoria e uscirne come se nulla fosse, in pochi minuti, viste le necessità del racconto televisivo. In una giornata i pazienti si svegliano e già stanno bene. In realtà questi pazienti sono complessi. Banalizzare così il messaggio non è realistico", aggiunge Musella, ricordando che gli interventi bariatrici non sono per tutti. "Si tratta sicuramente di una chirurgia con un tasso di mortalità molto basso - aggiunge - che in Italia, in particolare, ha standard altissimi, ma non possiamo dimenticare che esistono le complicanze, che noi conosciamo e di cui discutiamo ai congressi. Ma in queste trasmissioni, molto seguite a quanto ne so, tutto questo non esiste" sullo schermo.

Dal punto di vista culturale, aggiunge Musella, "è invece importante che si sottolinei, e questo spesso non accade, che l'obesità è una malattia, si tratta di persone malate. E per questo motivo vengono operate. Alla stregua di quello che si fa con altre patologie. Invece, anche a causa di queste trasmissioni, il messaggio che passa è: 'sei grasso, sei colpevole. Quindi, se tutto va bene ti opero, ma tanto è una passeggiata. E così ti rimetti in sesto'. Non mi sembra corretto. Si tratta di un percorso, faticoso, prima e dopo".

Questa banalizzazione, "soprattutto in alcune fasce più deboli culturalmente della popolazione - ribadisce Musella - fa pensare alla chirurgia bariatrica non come una cura ma come un mezzo per dimagrire in fretta. Capita di avere richieste di giovani in sovrappeso che chiedono l'operazione per perdere qualche chilo. È importante ricordare che non si tratta di procedure banali, ma di interventi chirurgici importanti, che vengono eseguiti in base a protocolli nazionali e internazionali precisi. In questo i media devono darci una mano: questa chirurgia va bene quando c'è l'indicazione ma se non c'è, serve altro, la dieta, la terapia farmacologica, le cure comportamentali, l'attività fisica. La chirurgia non è per tutti, viene scelta, dopo molte valutazioni, da team multidisciplinari. Il messaggio di certe trasmissioni - conclude - è fuorviante".

23/08/2023

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