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"Inserire subito nei Livelli essenziali di assistenza i test genomici per il tumore al seno e aumentare il numero di pazienti candidate" a riceverli "per ridurre, quando possibile, l'uso della chemioterapia". Sono passati quasi 2 anni dal decreto attuativo del Fondo di 20 milioni di euro per l'acquisto dei test e gli oncologi chiedono "un salto di qualità e una distribuzione uniforme e diffusa di questi test in tutta Italia".

"I test genomici sono finalmente disponibili sull'intero territorio nazionale e stanno entrando sempre di più nella pratica clinica - dichiara Saverio Cinieri, presidente nazionale dell'Aiom, Associazione italiana di oncologia medica - Sono esami che identificano le pazienti che, trattate con la sola terapia endocrina, si mantengono libere da recidiva a distanza di 10 anni dalla diagnosi. Questo comporta che, dopo l'intervento chirurgico, non è necessario il ricorso a una cura invasiva come la chemioterapia. Riteniamo perciò opportuno l'ingresso dei test nella lista delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini. Il provvedimento rappresenterebbe un modo per incentivarne l'utilizzo e la medicina personalizzata nel trattamento della neoplasia più frequente in Italia".

"Ogni anno in Italia sono oltre 55mila le donne che si ammalano di tumore del seno e, di queste, 10mila hanno diritto al rimborso del test", evidenzia Cinieri. Ma "si tratta di una stima effettuata alla fine del 2020", chiarisce Francesco Cognetti, presidente della Foce, la Confederazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi. "Per quantificare il setting di pazienti ci si è basati su esperienze precedenti al 2020", sottolinea Cinieri, mentre "dopo quasi 3 anni di lavoro, in tutta la Penisola, possiamo ritenere che il potenziale numero di donne da testare sia più alto".

Nel 2020, ricorda Cognetti, "la Commissione Bilancio della Camera, nell'esame della legge Finanziaria, approvò su iniziativa e proposta di Foce la creazione di un fondo di 20 milioni l'anno. Relatore dell'emendamento fu l'onorevole Vito De Filippo e il fondo è stato poi automaticamente replicato nel corso del 2021 e del 2022. Foce è stata anche recentemente ascoltata dalla Commissione nazionale aggiornamento Lea, alla quale ha formalmente proposto l'inserimento dei test genomici. Entro fine anno è prevista la pubblicazione ufficiale dei nuovi Lea" e inserire questi esami è cruciale, considerando che "attualmente nell'uso si registrano squilibri a livello regionale" e che "il numero di donne che potrebbero utilizzare i test genomici è sensibilmente superiore".

Cinieri invita a non dimenticare che "l'Italia è arrivata decisamente in ritardo all'uso regolare dei test genomici. Quest'ultimi - rimarca - consentono anche vantaggi economici importanti al comparto della sanità. Permettono risparmi per il mancato acquisto di farmaci chemioterapici e per ospedalizzazioni evitate. Per tutti questi motivi, chiediamo al più presto l'inserimento nei Lea".

Al Congresso Asco - riferisce una nota - sono stati presentati nuovi studi che confermano i benefici dello screening con indagini molecolari, in particolare nel carcinoma del colon, ma anche in altri tipi di cancro. Dal meeting di Chicago emerge inoltre che personalizzare la cura, sfruttando tutte le nuove tecnologie, sta dimostrando tutti i suoi vantaggi. Nell'ambito del carcinoma mammario, la disponibilità di esami di medicina personalizzata in grado di definire il profilo molecolare del carcinoma mammario è ben consolidata.

In particolare, al summit Asco vengono illustrati i dati di nuove analisi sull'Oncotype DX. "È un test che classifica i tumori con recettori ormonali positivi ed Her2-negativo in base a un 'recurrence score' che varia da 0 a 100 - spiega Cognetti - Sono stati presentati i dati a 9 anni su 10mila pazienti con tumore mammario lobulare invasivo e 65mila con carcinoma duttale invasivo testati con Oncotype DX. Lo studio ha confermato così le potenzialità del test progettato per prevedere la probabilità di recidiva e il beneficio della chemioterapia nelle pazienti con malattia in fase iniziale. Dall'analisi svolta emerge che risultati elevati di recurrence score corrispondono ad alti tassi d'utilizzo della chemioterapia e al rischio di mortalità specifica per neoplasia mammaria. Queste correlazioni sono poi risultate indipendenti dall'interessamento o meno dei linfonodi. Secondo il precedente studio RxPonder, questo vale per le donne dopo la menopausa mentre per le più giovani rimane, nella maggioranza dei casi, l'indicazione per la chemioterapia. Il nostro obiettivo è sempre quello di evitare la somministrazione di farmaci chemioterapici non utili con risparmi per la singola paziente e l'intero sistema sanitario nazionale".

Le nuove frontiere nella diagnostica molecolare del carcinoma mammario precoce - prosegue la nota - sono poi rappresentate dal ruolo dei marcatori molecolari correlati alla trascrizione ormonale e dal microambiente del tumore che favorisce i processi di disseminazione metastatica. Altro campo di grande prospettiva è il ruolo dei biomarker molecolari rinvenibili nel sangue: cellule tumorali circolanti e Dna circolante (o ctDna). Il valore prognostico di questi due elementi è consolidato, ma non vi è ancora un'utilità clinica che consente di guidare l'imaging e le decisioni terapeutiche. Conclude Cinieri: "Un numero crescente di donne può ottenere giovamento dal ricorso ai test genomici. Al tempo stesso i clinici italiani possiedono ora un nuovo ed efficace strumento che può coadiuvarli alla scelta terapeutica più appropriata. Prevedere il rischio di recidiva del tumore attraverso l'analisi di alcuni geni all'interno delle cellule tumorali è una realtà dimostrata da numerosi studi scientifici condotti in tutto il mondo".

03/06/2023

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